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Batterie che utilizzano rifiuti nucleari potrebbero cambiare il futuro dell’energia

24 Marzo, 2025

Scienziati hanno sviluppato una batteria che può essere alimentata da rifiuti nucleari, offrendo una soluzione innovativa al problema dei rifiuti radioattivi.

La generazione di energia nucleare è sempre stata vista come un’opzione ecologica, ma la gestione dei rifiuti radioattivi è stata una grande ombra sul suo utilizzo. Ora, un gruppo di ricercatori ha trovato un modo per sfruttare questa “spazzatura nucleare” per alimentare piccole batterie destinate a microelettronica. Se questa idea prospera, potremmo vedere sensori e altri dispositivi operare con energia riciclata proveniente da questi rifiuti.

Gli scienziati hanno scoperto che la radiazione gamma emessa dai rifiuti nucleari è sufficiente per alimentare microchip. Anche se al momento la tecnologia è limitata a piccoli sensori, gli esperti sono ottimisti riguardo alla sua possibile espansione. Raymond Cao, ingegnere nucleare dell’Università Statale dell’Ohio e principale autore dello studio, ha commentato: “Stiamo sfruttando qualcosa considerato rifiuto per natura e cercando di trasformarlo in tesoro”.

Un progresso significativo nell’energia nucleare

Oggi, l’energia nucleare rappresenta circa il 9% della domanda mondiale di elettricità. Secondo l’Associazione World Nuclear, una centrale nucleare tipica da mille megawatt genera solo tre metri cubi di rifiuti ad alta radioattività all’anno, specialmente se si ricicla il combustibile. Esistono già metodi per il riciclaggio di questi rifiuti e, se ottimizzati, l’energia nucleare potrebbe diventare un’alternativa ancora più attraente rispetto ai combustibili fossili.

Sebbene le batterie nucleari non siano un’idea nuova, questa è la prima volta che viene presentata una soluzione pratica con risultati tangibili. Il processo si svolge in due fasi: prima, i cristalli scintillatori convertono la radiazione in luce; poi, le celle solari trasformano quella luce in elettricità. Il prototipo attuale ha una dimensione di 4 centimetri cubici, il che lo rende piccolo, anche se ancora più grande di una batteria per smartphone.

Tuttavia, la proposta non è destinata al pubblico generale. Queste batterie sarebbero destinate a luoghi che già gestiscono rifiuti nucleari, come centrali e centri di stoccaggio, e potrebbero essere utili anche in missioni spaziali o esplorazioni sottomarine. I ricercatori assicurano che queste batterie sono sicure da maneggiare e non rappresentano un rischio di contaminazione.

Gli esperimenti sono stati condotti utilizzando due fonti radioattive comuni: cesio-137 e cobalto-60. Con il cesio-137, la batteria ha generato 288 nanowatt; con il cobalto-60, più potente, la produzione è salita a 1,5 microwatt. Anche se non è sufficiente per caricare un’auto elettrica, i risultati sono promettenti. Ibrahim Oksuz, coautore dello studio, ha affermato che questi sono risultati innovativi in termini di potenza generata.

I ricercatori hanno anche scoperto che la dimensione e la forma dei cristalli influenzano la conversione dell’energia. Un volume maggiore assorbe più radiazione e genera più luce, migliorando le prestazioni della cella solare, aprendo la porta a future ottimizzazioni. “Il concetto di batteria nucleare è molto promettente”, ha concluso Oksuz. “C’è ancora molto spazio per miglioramenti, ma credo che questa proposta troverà il suo posto sia nella produzione di energia che nell’industria dei sensori.”

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